Relazione sul romanzo “Giuditta Levato – Dirigente scolastico Antonino La Rosa Gerace RC 21 agosto 2012

L’ultima fatica di Lina Furfaro, come scrittrice, prende spunto dalle vicende umane di un personaggio femminile, Giuditta Levato, forse non noto a tutti ma che ha in sé i caratteri dell’universalità sia per lo spessore umano dimostrato, pur nel suo breve percorso terreno, che per le vicende di chiara connotazione storica e sociale che l’hanno vista protagonista.

Il testo, di cui si parla stasera, con le vicende che lo hanno ispirato, si colloca egregiamente nel solco di una tradizione letteraria che affonda le sue radici nella seconda metà dell’Ottocento e che è continuata nel corso del secolo scorso.

Ci riferiamo ad una serie di testi che sviluppano la tematica delle lotte contadine, attente alle giuste istanze dell’applicazione di una riforma agraria che possa finalmente realizzare le esigenze di giustizia sociale che sono alla base del vivere civile e attraverso cui passa il miglioramento delle condizioni economiche di tutti.

I testi a cui facciamo riferimento sono “Libertà” di Giovanni Verga, “Le Terre del Sacramento”  di Carlo Jovine, “Fontamara” di Silone e “I Fatti di Casignana” di Mario La Cava.

Come si vede, il testo di cui parliamo stasera, è in buona compagnia, ma anche se le vicende storiche cui fa riferimento sono simili, ha le sue specificità e caratteristiche che è bene sottolineare.

Esso, infatti, pur essendo un testo in prosa lo si può considerare un componimento quasi elegiaco, a grandi linee, perché pur avendo come tema le vicende di una donna forte ed eroica nella sua tragica esistenza, celebra la natura, i suoi ritmi, le sue armonie di cui la civiltà contadina è la vera custode.

Leggendolo, in molte parti, mi sono tornati alla mente dei passi virgiliani delle Bucoliche e tutto il libro è pervaso dal profumo intenso dei fiori di campo, della ginestra, dall’odore della terra dopo una breve pioggia, dalla brezza del mare che sale verso la collina.

E’ un susseguirsi di sensazioni che catturano il lettore e che ci fanno conoscere il grande amore di Giuditta Levato, che si intreccia con quello dell’autrice, per la natura e per tutto ciò che essa sa e può offrire.

Da qui parte il tratteggio della figura di Giuditta Levato, che all’inizio e per buona parte del libro, è solo accennata per acquistare sempre più quel ruolo centrale intorno a cui tutto ruota fino all’esplodere della tragedia.

Pagine molto belle, quasi delle pennellate discrete dai colori pastello, sono dedicate ai valori della civiltà contadina (che è il mondo in cui è nata e cresciuta Giuditta) quali l’orgoglio, il decoro, l’osservanza della parola data, il rispetto della dignità propria e della dignità altrui, la nobiltà d’animo, il gusto per le burle, l’amore per il lavoro  – per quanto duro -, l’osservanza dei principi religiosi.

Il testo è ricco di citazioni dialettali che rappresentano la saggezza del passato e che è bello ritrovare.

Da ciò si arguisce anche la pazienza certosina dell’autrice nel ritrovarle, probabilmente molte sono state espresse oralmente da qualche persona anziana – e costituiscono una fonte per le nuove generazioni di cui dovranno fare tesoro.

Accanto a queste connotazioni (che hanno rappresentato i confini entro cui si è formata l’humanitas di Giuditta Levato) il lettore scopre la personalità di una donna forte, decisa, dotata di grande sensibilità e di pensiero critico nonché abile osservatrice.

In ciò era purtroppo scritto il destino di Giuditta. Ella si sentiva responsabile per gli altri e proprio per non lasciare soli gli altri (che vedevano in lei un punto di riferimento anche per potersi organizzare e far valere i propri diritti) in un momento molto delicato per il futuro della comunità, corse incontro al finale tragico della sua esistenza.

Questo testo ce la riporta in vita perché come cita una frase di Tolstoi , riportata dall’autrice nel libro, “noi moriamo solo quando non riusciamo a mettere radici in altri”.

Lina Furfaro  l’ha fatta conoscere offrendola al cuore e alla memoria di quanti leggeranno il libro e di questo le siamo veramente grati.

 

                                                       Conclusioni

Il testo è anche corredato di documenti riguardanti il processo e di alcuni passi dell’orazione funebre del Senatore Poerio.

La Chiesa, o meglio il Cappellano dell’Ospedale di Catanzaro, (espressione, forse, di un clero dell’epoca molto conservatore e antecedente ai principi portati avanti dal Concilio Ecumenico Vaticano II) non accompagnò il feretro per le bandiere rosse poste dietro la bara.

Il testo è inserito in un periodo storico ben preciso – dal 1915 al 1946- ed è uno spaccato anche dell’Italia di quel periodo.

Emerge sempre la problematica agraria e la condizione dei coloni e dei contadini. Il latifondo è alla base dello scarso sviluppo sociale e civile del Mezzogiorno. (Aspetto didattico del testo con riferimenti al passato, anche economici, e possibilità di confronto con il presente


Lina Furfaro a Frascati, meritati riconoscimenti

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L’appuntamento nella Sala degli Specchi, a Frascati, di giovedì 7 febbraio, e di cui abbiamo dato notizia su questo sito in data 21 gennaio, ha dato conferma della notorietà raggiunta da Lina Furfaro, la scrittrice ciampinese d’adozione (originaria della Calabria).    Viva soddisfazione, infatti, ha espresso l’autrice al termine della serata in cui ha avuto modo di presentare la sua ultima opera “Giuditta Levato. La contadina di Calabricata”. Nella sala, in piazza Marconi, messa a disposizione dal Municipio tuscolano, Lina Furfaro ha illustrato il suo lavoro, utilizzando anche nella circostana una serie di 60 diapositive riproducenti immagini d’epoca della civiltà contadina calabrese che alla Furfaro hanno aiutato a ricostruire la storia dei paesi della Sila, l’ambientazione, cioè del romanzo imperniato sulla figura di Giuditta Levato. Folta la partecipazione di pubblico che ha occupato tutte le sedie disponibili e qualcuno è rimasto in piedi. Riportiamo questa nota, perché è una cosa che non sempre accade in manifestazioni di questo genere. Tra i presenti, una rappresentanza ‘qualificata’ di Ciampino, composta dall’assessore alla Cultura, Emanuela Gentile e dal funzionario Sandro Caracci. Molti gli scrittori ed i poeti, tra cui abbiamo notato Franco Campegiani, provenienti, come buona parte del pubblico, da varie località di Roma e dei Castelli Romani. Notevole pure la rappresentanza del mondo della scuola, anche in virtù del fatto che la Furfaro rientra nella categoria delle insegnanti, dividendo i suoi impegni e le sue passioni tra la famiglia, la scuola e la scrittura.

I lavori della serata sono stati introdotti, come moderatrice, da Rosanna Massi, direttrice della BASC (Biblioteca Archivio Storico Comunale) di Frascati che ha presentato la Furfaro come scrittrice dei Castelli, riprendendo in buona misura quanto da noi pubblicato e sul giornale e sul sito lo scorso mese. La poetessa Rita Gatta e lo scrittore Aldo Coloprisco hanno letto brani del libro di Lina ed hanno offerto ai presenti un’ampia panoramica illustrativa dei contenuti del libro, con commenti positivi e che hanno svelato magistralmente la valenza di quest’opera letteraria. Di questi due interventi, riportiamo in allegato i relativi contributi.

L’assessore Gentile, dopo aver ringraziato per l’invito ricevuto, oltre a complimentarsi per l’organizzazione dell’evento, ha ricordato che a Ciampino esiste una via dedicata a Giuditta Levato (è una traversa di via Ancona, in prossimità della via Mura dei Francesi/Via dei Laghi), come altre strade intitolate alle vittime delle lotte per i diritti civili.

L’autrice, infine, ha incentrato il proprio intervento soprattutto per spiegare come/perché è nato il romanzo, con una ricerca dei figli di Giuditta e altri personaggi legati in qualche modo alla storia, con numerosi viaggi in Calabria per raccogliere le testimonianze, ed ancora le ricerche nei diversi archivi di Roma e ancora Calabria alla ‘caccia’ di documenti fondamentali per una più esatta ricostruzione storica dei fatti traslati nel romanzo.

Prima del congedo, a sottolineare l’interesse suscitato dall’incontro, diversi interventi con domande o complimenti del pubblico e richieste da più parti di presentazioni del libro a Ciampino ma anche in altri Comuni. Non sono mancati gli omaggi floreali. E un fiore, spesso, dice molto di più delle parole.


Consiglio Regionale della Calabria: PRESENTATO IL ROMANZO “Giuditta Levato, la contadina di Calabricata” di L. Furfaro

http://www.calabriaonweb.it/2012/10/02/giuditta-levato-la-contadina-di-calabricata-lina-furfaro-falco-editore/2 ottobre 2012

Ai cittadini della postmodernità, Lina Furfaro con le 198 pagine del suo “Giuditta Levato- la contadina di Calabricata” offre una visione chiara del mondo rurale di una Calabria che più di ogni altra parte geografica della Penisola pagava il divario tra Nord e Sud, acuitosi con l’Unità d’Italia, e le conseguenze dell’avventura totalitaria che aveva lacerato il tessuto socio – economico italiano. La contadina di Calabricata, come tante altre donne di quel nostro periodo storico, combatteva contro il retaggio feudale del latifondo e auspicava l’uguaglianza e il diritto alla terra di tutti i cittadini. Il romanzo di Lina Furfaro nella parte finale rievoca con un linguaggio fruibile a tutti e con il piglio della cronista, i drammatici giorni che precedettero e seguirono il 28 novembre del 1946 quando un colpo di fucile ferì gravemente Giuditta per poi strapparla alla vita terrena. Gli atti giudiziari completano un racconto che, come una nitida fotografia, rinverdisce i ricordi  di chi ha  vissuto quegli anni di lotta e offre, soprattutto ai giovani, la lettura di uno spaccato di vita  comune a tanti paesini del Mezzogiorno in cui l’unità della famiglia riusciva a superare le preoccupazioni e  le angosce della condizione umana. Il libro è un insieme di voci, di personaggi, di luoghi degni di una pellicola neorealista. Lina Furfaro, con un lineare tratto di penna, ha descritto i bisogni di una società povera: le ansie di padri e madri per i figli che crescono, in particolare delle donne in età da marito, i riti del fidanzamento, i preparativi per il matrimonio, l’istruzione scolastica, la decisione dei capifamiglia di emigrare, i luoghi di aggregazione ( la fontana), la vecchia corriera la cui partenza sprigionava il sogno di andar verso la città. E il libro è anche una sorta di antologia del mondo contadino meridionale e calabrese con le sue peculiarità, gli usi, i costumi, l’unità della famiglia, le lotte bracciantili di cui Giuditta Levato – anche con il suo testamento spirituale affidato al senatore Pasquale Poerio –  fu l’espressione più autentica del mondo femminile calabrese.


‘Leggendo Lina Furfaro’, Relazione di Carmine Chiodo, professore università Tor Vergata – Roma, novembre 2012

Le ricerche di Lina Furfaro portano a risultati sicuri e positivi. Chi legge preso dalle sue pagine, sa raccontare e scrivere. Poi Giuditta racchiude storie e vicende che hanno valore  non solo reale, storico ma umano, l’autrice sa far rivivere i personaggi, le atmosfere, le situazioni di Calabricata, paese misero, che presenta vari personaggi dal povero colono all’aguzzino fattore, all’ubriacne, alla sana e tenace Giuditta che partecipa alle ansie e alla miseria del padre, alle sue preoccupazioni, ma non si dà per vinta. Anche parlando di Calabricata Lina riesce assai bene e nelle tematiche e nello stile, nella lingua sempre espressiva e icastica. Qui noto la misura del racconto, breve, essenziale che si scioglie in nitidi quadretti che a loro volta dicono e predicano ampiamente di Calabricata e della sua gente. Lina parte dal reale, da ciò che scova in archivio e lo fa diventare magistralmente racconto, narrazione coinvolgente e documentale, se così posso dire. – Lina, continua, continua a scavare e scrivere, rendi bene l’umanità e la società di un tempo, l’umanità con i suoi problemi di sempre -.

La scrittura di Lina fluisce naturale e sostanziale, il suo periodare è snello e ciò rende il lettore interessato e lo invoglia a proseguire nella lettura. Tita e Giuditta sono due pieni esempi di romanzi non solo storici ma umani, ripeto, ricchi e palpitanti di umanità e di vita, visti su uno sfondo particolare che l’autrice riesce bene a tratteggiare ed esprimere, sfondo che è quello calabrese, per cui emerge tutto quanto il tessuto storico e umano di un paese, di un comunità. E poi, la cosa più importante, la lingua sempre scorrevole ed espressiva che usa nello scrivere queste appassionanti, realistiche, significative, vive storie d’uomini e di donne.