La maestra Tita

Dati generali del libro
La maestra Tita
Titolo: La maestra Tita

Casa editrice: Pellegrini Editore

Data di pubblicazione: 2009

Pagine: 207

Costo: 12 €

Il libro: Nella Locride post-alluvione, la maestra Tita si mette al servizio di un infanzia scalza e abbandonata a se stessa. Anticipatrice di un epoca, quella degli anni ’70, di rivendicazioni femministe, Tita si oppone ai dettami di un tempo in cui la donna non era padrona di scegliere il proprio destino. La sua vita è testimonianza di un lungo cammino, determinato, compiuto a piccoli passi: la maestra riesce a percorrere e a gestire fino in fondo una strada tutta sua, dedicandosi anima e corpo alla nobile professione dell’educatrice.

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La maestra Tita

II edizione

Lina Furfaro, La Maestra Tita, Pellegrini 2009

ACCADEMIA SENOCRITO   Martedì, Agosto 18 2009  art. di Vincenzo Cataldo

http://www.senocrito.it/article.php/20111004094647815

RECENSIONE dello scrittore calabrese G. Fiorenza

in ZOOMSUD 30 aprile 2011- La natura violenta della Locride e il pudore del tempo – La maestra Tita di Lina Furfaro

“Documento tra il sociale e il sociologico, tra la storia e la pedagogia, tra la memoria e la leggenda, tra la fame e la miseria. Testo immateriale che racconta storie materiali, storie di miseria e di fame ma più che storie documenta un microcosmo di persone, esse stesse storie, vicende che si intuiscono, drammi collettivi, pietà per la povera gente e visione assistenziale del mondo e delle cose.
Era il 1950 e non bastava l’ingiustizia degli uomini a rendere triste il destino di altri uomini, ci voleva la natura, spesso decantata in Calabria, ma non quella bella delle cartoline del mare, la natura spaventosa delle alluvioni, quelle del 1951 e del 1953, storiche catastrofi della Locride, che ricordano tutti, chi le visse, e cerca di immaginare, chi non le visse, dai racconti dei parenti, vecchi genitori e nonni.
E’ questo il pregio di questo libro, ricordare, dare memoria alla miseria per farla rammentare ai contemporanei, che non sanno, che non possono immaginare come si viveva allora, se non nel refrain antico dei nostri avi, dei nostri nonni, che non ci sono più, e dei nostri genitori, quelli rimasti.
Rende bene il pudore dei tempi, l’ignoranza dei tempi, la fragilità del mondo contadino, l’arte di arrangiarsi, la richiesta di assistenza agli svedesi (sfidiamo qualcuno a sapere che gli svedesi facevano assistenza ai calabresi negli anni 50! Neppure noi lo sapevamo.)
Rende bene la protervia e la perfidia dei politici, anche allora il politico era perfido come oggi. Pensate un po’: davano alle maestre d’asilo delle scarpe nuove da distribuire, poco prima di iniziare la campagna elettorale. Ma attenzione, ammonivano solennemente, non dovevano darle appaiate le scarpe ai bambini, potete immaginare?, ma spaiate, cioè una sola con l’ambascia che era un dono del tal candidato. Solo se questi vinceva le elezioni, allora sarebbe venuto PERSONALMENTE a dare l’altra scarpa. Dovete convenire con me: il voto di scambio di oggi fa ridere rispetto a quello.
In mezzo a tutto questo, la passione pedagogica, educativa, tenace e ferma della Maestra Tita, vera e propria eroina dei tempi, tra mille difficoltà e un immenso amore per i bambini, per la vita. Visione anche progressista, per i tempi, identità femminile cosciente nel rifiuto di sposarsi principalmente perché, in tal caso, la promessa del futuro marito era quella di non farla più lavorare. Ma è quello che la maestra non vuole. Il pretendente crede di compiere un atto d’amore (?), invece facendo così l’allontana da sé, è quindi un atto di violenza contro l’identità femminile e la ricerca di un suo ruolo professionale.
Il lessico è pedagogico, appunto, da maestra, non da romanziera, però è efficace perché lascia traccia, è esso stesso traccia di una struttura semantica dialettale, anche e principalmente quando racconta in italiano e non disdegna di inserire elementi di un dialogo nel dialetto stretto locrese e dei dintorni”.
Giuseppe Fiorenza


Frascati, mostra copertine originali di libri

Scuderie Aldobrandini, Castelli di Scrittori 2013

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Castelli di scrittori Frascati 2013


ACCADEMIA di musica, lettere e arti, “SENOCRITO”

La maestra Tita

GERACE – Tita era una maestra, come tante oggi, innamorata dal suo lavoro, conscia della sua missione di assistenza, parte integrante delle storie di bambini senza scarpe, privi di cibo. È questa la figura emersa dalla presentazione del romanzo storico “La maestra Tita”, dell’insegnante Lina Furfaro, curata dall’Accademia Senocrito di Gerace. La storia è ambientata negli anni ’50, un periodo in cui si usciva dalla guerra, in una Locride colpita dall’alluvione, caratterizzata da un esodo emigratorio verso il nord Italia tra i più poderosi della storia del Meridione. Ma anche l’epoca della “vespa” e della conquista delle prime comodità domestiche. Dopo il saluto del presidente dell’Associazione Francesco Nicita, il sindaco Salvatore Galluzzo ha ricordato la positività del periodo in cui erano saldi i valori che tendono oggi a scomparire.Vincenzo Cataldo

Libri tra gli scaffali. recensioni – CALABRIA ORA 23.09.2010

Per cinque giorni e cinque notti, nell’ottobre del 1951, sulla fascia ionica calabrese piovve ininterrottamente.

Così Lina Furfaro nel suo premiatissimo romanzo “La maestraTita” (Pellegrini editore), racconta l’alluvione che travolse i paesi della costa ionica e che si replicò esattamente due anni dopo, nel ’53.Dalla scrittura scorrevole e accattivante della Furfaro nasce così la “maestra Tita”. Figura di donna a tutto tondo, femminista ante-litteram,anticipatrice di fermenti che si sarebbero rivelati rivoluzionari. La ricostruzione, lunga e travagliata, passava attraverso l’impegno della Chiesa e, per quanto riguarda l’istruzione, con un ruolo rilevante dell’Opera asili. La “signorina Tita” sceglie il ruolo di educatrice come missione, mettendosi al servizio di un’infanzia “scalza e abbandonata a se stessa”.Tita non era nata per fare l’insegnante ma, allevata da una nonna forte e determinata, ha appreso il senso dell’indipendenza e la volontà di affermazione individuale.Una vita controcorrente, a tratti quasi come tornare ad affrontare con la mente e con il cuore l’impeto travolgente di quelle alluvioni per uscirne ancora indenne. Il romanzo storico della Furfaro intreccia realtà e fantasia e ci consegna uno straordinario ritratto di donna fiera e orgogliosa. Come la terra del sud.           Maria T.D’Agostino.

http://www.senocrito.it/filemgmt/index.php?id=38


Articolo Presentazione del romanzo a Nemi, Ilenia Barbaro

Articolo pubblicato su Controluce – RIVISTA DEI CASTELLI ROMANI E PRENESTINI

Nemi, il paesino dei fiori, conosciuto in tutta Italia anche per la sua bellezza incontaminata e per le sue fragoline, ha ospitato venerdì 19 marzo  nel Palazzo Ruspoli, la presentazione del romanzo storico, edito da Luigi Pellegrini Editore, “La maestra Tita” di Lina Furfaro. L’incontro si è inserito negli appntamenti  “Primavera a Nemi”, in un ambiente intriso di storia che ha sicuramente favorito la presentazione di un libro capace di raccontare di pari passo storia ed emozioni. L’iniziativa, promossa dal presidente dell’associazione ILF, In Labore Fructus, il Prof. Mauro Trombetti e dall’Assessore alla Cultura del Comune di Nemi, l’Avv. Alessandro Biaggi ha riscontrato un successo notevole. Grazie alla relazione brillante dell’insegnante Rita Gatta il pubblico d’elite, tra cui poeti, artisti e scrittori dei Castelli Romani, è stato catapultato all’interno del romanzo, tra le pieghe di fatti ed eventi che hanno toccato la sensibilità dei presenti.  La relatrice, facendo un excursus del racconto ha portato l’auditorio a vivere il dramma dell’alluvione nella Locride, in una terra già provata dall’abbandono istituzionale e da una guerra da poco conclusasi.  Ha alternato, infatti ad una chiara esposizione, la lettura di passi significativi del romanzo, facendo riferimento ai personaggi più avvincenti emozionando i presenti in sala: il pubblico tratteneva il fiato, sembrava non volesse alterare l’atmosfera d’intimità che si era creata, sembrava in bilico tra la realtà che stava vivendo e un passato non molto lontano che quasi riusciva ad essere tangibile.                                        Tutte queste suggestioni sono state vissute grazie all’autrice Lina Furfaro, insegnante, di origine calabrese adottata dalla città di Ciampino, vincitrice di diversi premi letterari che durante la serata ha illustrato anche con fotogrammi, in quale contesto è nato il romanzo, ovvero da una ricerca effettuata tra i preziosi documenti della Diocesi di Locri-Gerace, un’elaborazione tra vicende e fantasia.
Il libro, alla sua seconda edizione, narra una storia  ambientata  negli anni ’50, in particolare tra Locri e Ricciardo di Grotteria, che vede protagonista  Tita, una delle maestre degli asili sorti nell’entroterra  calabrese per  volere del Vescovo Perantoni, figura rivalutata nel romanzo dopo essere passata all’impopolarità per le sue innovazioni nella pastorale.
Al pubblico del Palazzo Ruspoli di Nemi è stata lasciata la suspense del finale di un racconto fatto di “immagini” ormai d’epoca.

Ilenia Barbaro, articolo 2010 “La maestra Tita”


Prof.ssa Pina Cappelleri Polverari

Palazzo Nieddu – Locri – La maestra Tita di  LINA  FURFARO

Alla presenza di un folto pubblico di studenti di tre Scuole Medie Superiori  di Locri

 “… sono lieta di essere qui stamattina e lo sono per due motivi, entrambi d’ordine affettivo: primo perché Lina Furfaro è stata mia alunna in anni lontani ormai, ed è stata per me una piacevole sorpresa scoprire che non solo è una valida insegnante, ma anche una scrittrice e mi inorgoglisce il fatto che una mia allieva si sia ricordata di me ed abbia voluto che fossi io a presentare il suo libro. L’altro motivo è che ho ancora una volta l’occasione di parlare a ragazzi e questo mi riporta indietro di alcuni anni, anni del mio insegnamento nella scuola a contatto con i giovani. Dico questo con un poco di nostalgia o malinconia  (ogni stagione della vita ha i suoi aspetti positivi e negativi ed io sto godendo del privilegio della mia età quello di potermi dedicare al mio hobby preferito ossia alla lettura).

Ma veniamo al libro di Lina: “La maestra Tita”, che ho letto d’un fiato per curiosità prima poi perché l’ho trovato interessante e coinvolgente in quanto mi riportava agli anni della mia giovinezza e ricordare è importante. Orson Welles nel film “La ricotta”  recita una poesia di Pasolini che suona così: “Io sono la forza del passato, solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese dove sono vissuti i miei fratelli”. E Saramago, nobel per la letteratura, il più grande scrittore vivente, nel suo ultimo libro “Il quaderno” in una delle sue considerazioni  scrive ”Fisicamente abitiamo uno spazio , ma sentimentalmente siamo abitati da una memoria, memoria che è quella di uno spazio e di un tempo, memoria dentro la quale viviamo come un’isola tra due mari: uno che chiamiamo passato, l’altro che chiamiamo futuro. Possiamo navigare nel mare del passato prossimo, ma per navigare nel mare del passato remoto dovremo usare le memorie che il tempo ha accumulato, memorie di uno spazio fugace come il tempo.

Il libro di Lina è dunque la memoria di uno spazio: la Locride di un tempo, gli anni che vanno dal 1950 al 1970, anni molto importanti per il nostro territorio e per l’Italia che usciva da una guerra disastrosa e iniziava la sua ripresa. Lina attraverso ricerche accurate  ha ricostruito quegli anni e ha dato vita a questo libro che di quegli anni è documento, testimonianza reale ed autentica. Il romanzo si presta agevolmente ad una duplice fruizione (diciamo che le chiavi di lettura di un libro possono essere molteplici, ma in questo ne individuerei due fondamentalmente), ossia il libro può essere letto e considerato come romanzo storico, documento di un periodo della nostra storia nazionale ed in particolare di quella calabrese anzi locrese, ma può anche essere letto come romanzo di formazione, ossia narrazione di vicende attraverso le quali l’evoluzione del protagonista si configura come maturazione, come capacità di stabilire con la realtà che lo circonda un rapporto dialettico e costruttivo. Nel primo caso, ossia  romanzo storico, la narrazione si converte nel resoconto di una stagione difficile per la Locride, la stagione della ricostruzione del paese dopo la fine della guerra che aveva aggravato le già misere condizioni in cui versava il meridione. Alle manchevolezze di uno stato che aveva da sempre trascurato il Sud si aggiungevano in quegli anni calamità naturali che mettevano in ginocchio il nostro territorio. L’incipit del romanzo infatti è la descrizione delle alluvioni del 1951 e del 1953 che hanno devastato paesi interni e costieri del reggino, descrizione di grande efficacia, direi suggestiva: “Il 14 ottobre nessuno uscì di casa: su tutta la Locride il sole non comparve, le nuvole scure ingrigirono ogni cosa, il cielo spalancò le sue cebbie e per cinque giorni e cinque notti, continuamente, scaricò tanta acqua che tutti interruppero le attività quotidiane, e rimasero increduli a guardare dai vetri delle finestre, dalle soglie delle porte, dalle stalle e dai pagliai, osservavano gli allagamenti provocati dai torrenti in piena.” E più avanti, a proposito dell’alluvione del ‘53: le fiumare Verde, Bonamico e Careri strariparono interrompendo il traffico e distruggendo i ponti in costruzione dopo l’alluvione di qualche anno prima, fenomeni franosi fecero registrare ingenti danni alla viabilità stradale e ferroviaria (ben 22 interruzioni in 150 km), immagini nitide, incisive da ricordare. Eventi quindi descritti con notevole adesione alla realtà, come pure realistico il racconto delle iniziative di quegli anni per risollevare le sorti della nostra zona: in quel periodo nasceva l’ODA (opera diocesana asili) che ha curato la scuola materna  fino a quando non diventava scuola statale, sorreggendo anche le famiglie, creando centri sociali per l’infanzia. Funzionava anche il brefotrofio, lo Scannapieco ossia l’istituto per l’infanzia abbandonata, come pure l’AAI (assistenza alimenti infanzia) ed un centro sociale presso i Salesiani (si fa riferimento all’opera instancabile di un grande organizzatore di opere assistenziali, Padre Zaccaria (Don Bertoldo) e di un vescovo come Perantoni, , che si era mosso per primo in aiuto delle persone disagiate. L’altra chiave di lettura ci fa leggere il romanzo, dicevo come romanzo di formazione per cui la nostra attenzione si sposta dalle vicende storiche a quelle della maestra Tita, protagonista dell’opera, la cui storia personale si svolge parallelamente alla storia della Locride di quel tempo. Di lei l’autrice fa un ritratto molto garbato ed elegante “Tita era una bella ragazza, era colta, intelligente, molto carina, sempre in ordine curata. Portava i capelli mossi sulle tempie e con la riga di lato. Questo il ritratto fisico, l’altro quello più importante che attiene alla personalità lo deduciamo dai suoi comportamenti. E’ una donna forte, coraggiosa, che sa affrontare la vita con determinazione. La sua storia non è molto dissimile da quella di tante altre maestre dell’epoca che ogni giorno lottavano con i disagi le ansie e le preoccupazioni che quel lavoro comportava. Come loro Tita si alza di buon mattino e, per raggiungere la sede dell’asilo in cui lavora, fa un tratto di strada disagevole a piedi, aiutata da un pastore attraversa un torrente, sopporta il freddo di un’aula non riscaldata; eppure svolge il suo lavoro con amore perché ama i bambini a lei affidati, cerca di aiutarli, di rendere la loro vita più confortevole (procura loro le scarpe ecc.). E attorno a lei ruotano le figure del luogo in cui vive: la nonna amorosa, anche lei tenace e ostinata nel suo lavoro, forte ed affettuosa; il padre di cui Tita ha soggezione (come si aveva una volta dei padri), le amiche, anche loro laboriose e sollecite, Melo il pastore che l’aiutava ad attraversare il torrente, giovane dagli occhi intrisi di vitalità, i capelli neri mai visti da un pettine, riccioluti, lavati solo d’estate. E’ un piccolo mondo antico, direi, un mondo che Lina sa dipingere con semplicità e schiettezza, un mondo di persone (i nostri padri) che con i loro sacrifici hanno preparato il nostro mondo. L’opera dunque presenta più piani documentario e inventivo, oggettivo ed individuale, articolandosi via via in narrazione di eventi storici ed in diario in digressioni descrittive e riflessive. Ciò che mi pare segno di originalità è la struttura narrativa: da una parte un narratore onnisciente che racconta in modo oggettivo direi quasi distaccato avvenimenti storici e privati, dall’altra la protagonista che racconta gli stessi avvenimenti con un ordito narrativo affidato alla prima persona, in una sorta di autobiografia, con uno stile immediato, palpitante che talora presenta incongruenze ed ingenuità narrative che nulla tolgono alla freschezza dell’opera, anzi le conferiscono maggiore naturalezza. Siamo di fronte ad un mondo semplice, fatto di valori autentici, mondo non convenzionale se lo sguardo di chi scrive è diretto non su sentimenti patinati e affettati, ma forti e coinvolgenti. Libro scritto con intelligenza e passione: unisce infatti alla narrazione di fatti storici l’omaggio al lavoro di coloro che ci hanno preceduto nel difficile compito della formazione dei ragazzi.”

Prof.ssa   Pina Cappelleri Polverari


Premio Letterario “Amaro Silano” 2010  “La maestra Tita” – motivazione del Premio assegnato:

Ambientato in una sperduta campagna della Locride, il romanzo è tutto incentrato sulla figura un po’ crepuscolare di una maestra d’asilo, la signorina Tita, la quale si dedica con amore e dedizione assoluta all’educazione ed alla cura dei bambini che le vengono affidati dalle umili famiglie di contadini e pastori delle campagne interne della Locride.  Dal quadro di miseria materiale e di arretratezza culturale in cui si svolgono i fatti e l’attività della maestra Tita, emergono alcuni atti di bontà e di solidarietà umana che sembrano mitigare un po’ l’asprezza materiale e morale in cui vive la popolazione del luogo.

Per caratterizzare in modo più incisivo l’ambientazione realistica dell’opera, la scrittrice si sofferma nel narrato sulla descrizione degli usi e costumi del luogo, utilizzando termini dialettali e gergali della Locride.

L’opera si legge agevolmente grazie ad una scrittura veloce e scorrevole.

Se ne consiglia la lettura, per l’esemplarità della figura della protagonista, agli insegnanti di ogni ordine e ruolo.

Prof. Roberto Bruno  (Cosenza)

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 Le donne e la memoria nel romanzo storico di Lina Furfaro

 Reggio Calabria  28 dicembre 2010

AUDITORIUM LAMBERTI CASTRONUOVO

https://books.google.it/books/about/La_maestra_Tita.html?id=9ieQQQAACAAJ&redir_esc=y


Recensione del professor Giovanni Chilelli, Ispettore della Pubblica Istruzione – Pisa

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Recensione nella rivista “Cronache e opinioni” mensile del C.I.F. nazionale Roma 12\2010


Comunicato stampa presentazione del libro “La Maestra Tita”, Sala Giuditta Levato, RC

05/07/2010

L’A.N.D.E., Associazione Nazionale Donne Elettrici, Sezione di Reggio Calabria, invita alla presentazione del libro “La Maestra Tita” dell’autrice Lina Furfaro, pubblicato per i tipi di Pellegrini Editore. L’iniziativa si terrà Lunedì 5 Luglio, alle ore 18, presso la sala Giuditta Levato di Palazzo Campanella. Nella Locride degli anni ’50, travolta dall’alluvione e segnata dalla miseria, una giovane maestra, con dignità e risolutezza, riesce a sfuggire ai dettami del suo tempo e, anticipando di un ventennio le rivendicazioni femministe, consacra la sua esistenza all’educazione di un’infanzia bisognosa e abbandonata. E’ questo l’intreccio narrativo che si dipana tra le pagine del romanzo, in cui si staglia la figura della protagonista, una donna volitiva e anticonvenzionale, capace di affrancarsi da una mentalità retriva e di operare delle scelte in linea, unicamente, con il proprio libero sentire. Gli spunti e i contenuti offerti dalla lettura del libro, saranno oggetto di confronto e di riflessione nel corso dell’iniziativa promossa dall’A.N.D.E. Reggio Calabria, che in questa occasione si presenterà, per la prima volta, alla comunità provinciale. Ad aprire i lavori sarà Rosy Perrone, Presidente Onorario A.N.D.E. Reggio Calabria. Dialogherà con l’autrice, Angela Chirico, giornalista e Presidente A.N.D.E. Reggio Calabria. Interverranno, Silvana Pollichieni, Docente presso il Liceo Classico “Ivo Oliveti” di Locri, e l’Editore. Le conclusioni saranno affidate a Marisa Fagà, Consigliere Nazionale CNEL.